I tartufi sono funghi simbionti di piante arboree e arbustive, per questo motivo la gestione delle tartufaie deve prevedere una serie di interventi che hanno lo scopo di promuovere il benessere delle piante e del tartufo e soprattutto di favorire la formazione degli ascomi cioè dei tartufi.
La vita di una tartufaia inizia con la messa a dimora delle piante, a questa operazione segue un periodo di tempo tra i 7 e i 10 anni, chiamato fase improduttiva, durante il quale non si ha produzione di tartufi. Dopo un tempo più o meno lungo, di solito quando la tartufaia avrà tra 7 e 10 anni, inizierà la produzione di tartufi. inizier fase produttiva della tartufaia. Solitamente intorno ai 25 – 30 anni inizia a diminuire la produzione di tartufi e si riduce il numero di piante che producono tartufi. La tartufaia sta entrando nella fase di senescenza cioè di vecchiaia. La fase di senescenza culmina con l’espianto della tartufaia o in alternativa con una serie di attività che hanno lo scopo di ringiovanire la tartufaia e far ripartire la produzione.
La messa a dimora delle piante deve essere realizzata rispettando alcuni accorgimenti. L’epoca di impianto in Sardegna dovrebbe essere sempre in autunno dopo le prime piogge, è importante fare il modo che le buche siano tutte sullo stesso lato e alla stessa distanza dal paletto che indica la posizione della pianta, bisogna ricordarsi di rimuovere le radici che escono dal pane di terra della piantina, bisogna fare il modo che la piantina sia alcuni centimetri al di sotto del livello del terreno.
Dove possibile è importante predisporre un impianto di irrigazione per garantire uno sviluppo ottimale della pianta e del fungo e favorire la produzione di tartufi. L’irrigazione può essere realizzata con un impianto a pioggia o a goccia. La scelta deve essere fatta tenendo conto delle caratteristiche del suolo. I due sistemi di irrigazione offrono le stesse performance in termini di produzione; tuttavia, l’irrigazione a goccia garantisce un maggiore risparmio idrico.
Sia durante la fase improduttiva che durante la fase produttiva è importante intervenire che lavorazioni del suolo. Queste possono essere svolte manualmente con la zappa oppure possono essere svolte meccanicamente con l’erpice a denti dritti o con attrezzature sviluppate per la tartuficoltura come “Aratruf”. Lo scopo delle lavorazioni è quello di garantire la permeabilità del suolo, favorire la sua areazione, contrastare lo sviluppo di erbe infestanti, realizzare una potatura radicale che favorisce la formazione di nuovi apici radicali e nuove micorrize e favorire la formazione dei tartufi in profondità così da salvaguardarli dai danni da gelo e da quelli causati da insetti e piccoli animali.
In molte regioni dove si pratica la tartuficoltura si usa spesso realizzare una potatura delle piante per favorire l’ombreggiamento del pianello, questa pratica in Sardegna è sconsigliata perché la rimozione dei rami bassi può determinare un eccessivo disseccamento del terreno attorno alla pianta durante i mesi estivi. A tal proposito, spesso è utile utilizzare la pacciamatura per limitare il disseccamento della zona attorno alla pianta ma anche per limitare lo sviluppo di erbe infestanti che entrerebbero in competizione con la pianta durante le prime fasi del suo sviluppo. La pacciamatura può essere realizzata con diversi materiali ma è fondamentale non utilizzare materiale organico come sfalci di erba o corteccia che si decomporrebbero e potrebbero causare alterazioni del chimismo del suolo.
Una volta che la tartufaia arriva alla fase di senescenza, cioè quando la produzione si riduce di parecchio bisogna decidere se espiantare la tartufaia o “ringiovanirla”. Durante le operazioni di espianto è importante rimuovere sia la parte aerea che la parte epigea. Dopo la rimozione delle piante si può procedere alla semina di una coltura agricola o dopo aver lasciato per almeno due anni a riposo il terreno si può procedere all’impianto di una nuova tartufaia. Se si decide di ringiovanire la tartufaia è necessario eseguire una serie di interventi che ripristino le condizioni del suolo a quelle che erano presenti nel momento dell’impianto. In particolare, si interverrà con potature e riduzione della densità delle piante al fine di aumentare l’insolazione del suolo e favorire la mineralizzazione della sostanza organica, aggiungere degli emendanti a base di carbonato di calcio, intervenire con l’introduzione di inoculo sporale per riportare la dominanza del tartufo nella comunità ectomicorrizica associata alle piante.
La tartuficoltura si è sviluppata soprattutto intorno alla coltivazione del Tartufo nero pregiato. Le prime prove sono state svolte intorno agli inizi del 1800 in Italia e in Francia. Lo sviluppo delle pratiche di coltivazione di questo tartufo ha portato, con il tempo, alla definizione di alcuni metodi di coltivazione standardizzati che vengono ampiamente utilizzati sia in Francia che in Spagna. I due metodi più famosi sono il metodo Pallier e il metodo Tanguy. Il primo metodo si basa su una gestione totale della tartufaia sotto tutti gli aspetti, dalle lavorazioni alle potature, dall’irrigazione all’uso di ammendanti per mantenere sotto controllo il pH del suolo. Il secondo metodo prevede il completo abbandono della tartufaia fino a quando non si ha l’inizio della produzione di tartufi. Entrambi i metodi presentano vantaggi e svantaggi. La scelta del tipo di interventi da realizzare in tartufaia e del tipo di gestione da applicare deve essere il risultato di attente valutazioni sulle caratteristiche ecologiche del sito dove andrà realizzata la tartufaia.